mercoledì 25 novembre 2015

Amare a pugni in faccia

Sul viale principale del paese, all'uscita della scuola, lei e lui si tengono per mano, fidanzatini da qualche mese. ma lei è silenziosa.
Diciassette anni, il groppo in gola.
Fino a quando le parole, una alla volta, escono.
Lei decide di raccontare, lasciandogli per un attimo la mano e guardandosi intorno.
E poi parla.
"Mio padre picchia mia madre.
Lo fa da quando sono nata. La picchia tutti i giorni. La prende a pugni in faccia. Non lo ha mai fermato niente. L'ha picchiata tutti i giorni anche quando era incinta di me. E poi incinta di mia sorella. Anche mentre faceva il bagno, lui entrava e la picchiava".
Si ferma per qualche secondo, poi lo guarda:
"Non sapevo se raccontartelo, perchè io non voglio che tu  - adesso che hai saputo questa cosa - continui a stare con me solo perché ti faccio pena. Voglio che tu stia con me perchè mi ami, perché ci amiamo".
Tutte le volte che penso alla violenza sulle donne, penso a questo racconto che un amico mi confidò molti anni fa. E che oggi, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, credo possa raccontare meglio di tante altre parole il dolore di una quotidianità senza luce.

domenica 22 novembre 2015

Il dolore. L'odio. L'indignazione. L'indifferenza. Lo tsunami del web sul corpo di Enrico Liverani.


Prendete il dolore, mescolatelo con l'odio, aggiungete l'indignazione, ricoprite il tutto con l'indifferenza.
Questa volta l'onda mefitica dei social travolge la memoria del povero Enrico Liverani, il 39enne candidato del Pd a sindaco di Ravenna, morto in un incidente d'auto
Il micidiale meccanismo dei social, malsano, fetido, si innesca quando tra i tantissimi post di cordoglio appare anche quello di Matteo Renzi, che fa letteralmente da detonatore al livore, al disprezzo di migliaia di persone. In altre parole, all'odio, che travolge ogni cosa, principalmente Renzi (a cui, nella migliore delle ipotesi viene augurata la stessa fine di Liverani), oltre che lo stesso Liverani, liquidato come uno dei tanti parassiti della politica.
L'indignazione contro tanto odio prende corpo rapidamente, alza la polvere nella bacheca di Renzi in difesa della memoria di Liverani, facendo scudo al pudore del momento, prova a mettere al riparo dagli schizzi velenosi  il dolore.
Eppure, da domani subentrerà l'indifferenza, tutto questo delirio d'odio sarà meno di un ricordo nelle menti di chi vi ha partecipato, perché l'onda anomala del veleno digitale nel frattempo si sarà spostata mille volte verso mille altri obiettivi, travolgendo tutte le volte con la stessa furia momenti che avrebbero avuto bisogno di silenzi, di tempi diversi, di parole vere, di relazioni.
E sul campo rimarrà lo strazio di parenti e amici, di chi si è visto rubare il momento del dolore, servito in pasto al web. 
Il web non può sostituire le relazioni umane, una lezione che impareremo quando sarà troppo tardi.
A meno che - e credo sia la sfida di questi tempi - non ricollochiamo il mondo digitale in un ruolo di mero strumento, che gli è proprio, restituendo alle persone la centralità dei rapporti. Tutto il resto è sbagliato.

venerdì 13 novembre 2015

Uno su mille ce la faaaaaa. Anzi, tre su cento. #CALIFORNIA


La California che ho visto questa settimana.

I bar della Silicon Valley in cui ti puoi sedere a un tavolino a lavorare con il tuo computer senza che nessuno venga a chiederti di consumare. O, se preferite, centinaia di ragazzi nei bar della SiliconValley. Soli. Solissimi. A meno che la compagnia del proprio computer non sia considerata un'amicizia. (scegliete l'opzione che preferite)

Il guru universitario alla CuDavis che ti spiega che la ricerca è "un acceleratore per le buone idee".

Il wireless ovunque, anche sul pullman.

Sand Hill Road, una striscia d'asfalto tra Mountain View e San Francisco in cui si concentra il 95% (novantacinquepercento) del venture capitalism mondiale

La sede di Google

La cena al bar con il venture capitalist che ti spiega che "obiettivo del venture capitalist è fare il maggior volume di soldi possibile nel minor tempo possibile"

La sede di Intel

I cartellini di riconoscimento con solo i nomi di battesimo

La sede di Apple

La gente che se ne fotte completamente del look

Quantità di cibo da noi inimmaginabili, soprattutto al ristorante cinese

La sede di Facebook

Zero verdura, tranne i peperoni fritti e l'insalata alla sede di Google

Zero frutta, tranne nella mensa di Google

La sede di Hewlett-Packard

Zero pistole, ma non vuol dire.

L'odore della marijuana sulla collina da cui centinaia di persone tutte le sere di godono lo skyline di San Francisco

Idee che si trasformano in business in una settimana, perché "burocrazia" è una parola sconosciuta

La sede di eBay

Dieci ragazzi dell'Emilia-Romagna che hanno avuto un'idea, ne hanno fatto una start-up e sono volati a Cupertino e Palo Alto grazie alla Regione Emilia-Romagna, tramite Aster, per assorbire la cultura della Silicon e riportarla qui.

Haight-Asbury, la zona in cui nel 1967 nacque il movimento hippy. Ma che oggi ne è solo una parodia commerciale e disperata.

La sede di Linkedin

La "camera singola", che nei motel significa due letti matrimoniali.

Cinquanta sfumature di latte, da quello allo zabaione a quello aromatizzato alle fragola.

La Napa Valley, vigneti a perdita d'occhio, E, per una volta, questa espressione - date le distanze - ha finalmente un senso.

La sede di PayPal

Il designer italiano che Apple ha fortemente voluto, cercato, passato al vaglio di colloqui per oltre un anno e poi assunto. Scippandolo alla Ferrari (per dire dei talenti che abbiamo in casa).

Il "four way stop". Qui non esiste il diritto di precedenza,agli incroci passa chi ci è arrivato per primo. Che poi ha molto a che fare con l'essere americani, perché gli altri tre all'incrocio aspettano il proprio turno.

Arnold Schwarzenegger è stato qui.

La sede di Oracle

I venture capitalist che sanno che nel 97% dei casi il loro investimento sarà un fallimento, ma lo mettono in preventivo, perché conta provarci fino a quando andrà bene.

I venture capitalist che sanno che nel 97% dei casi il loro investimento sarà un fallimento, ma gli USA sono un paese a base protestante, non cattolica. E quindi una seconda occasione, e una terza, e una quarta, è concessa. Non è peccato fallire.

La sede di Sun Microsystem

Gli americani che non conoscono il concetto di "risparmio", perchè tutto va investito, preferibilmente in borsa.

La sede di Xerox.

Le strade di San Francisco

Stanford. Stanford!

Alcatraz, ma visto da lontano, che ti pare che con due bracciate non doveva poi essere così difficile andarsene.

La sede di Adobe

I tech-shop, laboratori in cui ti mettono a disposizione per pochi dollari l'uso di macchinari e tecnologie per i tuoi lavori ed esperimenti: dal bottone staccato, sino alla stampa in 3d, con possibilità di sperimentazioni su macchinari costosissimi che altrimenti non potresti mai permetterti.

Il divieto di fumare

La sede di Cisco Sysems

Ehi, ho detto vietato fumare. Intendo anche all'aperto, ok?

Il peggior caffè espresso della storia.

L'Università di Berkeley. Berkeley, non solo Stanford. Anche Berkeley.

Le Google Bikes per girare all'interno del Campus di Google, che è grande come l'area di Bologna racchiusa dai viali.

Taxi, si, ma vince Uber.

Il programma Google Food, per provare a far cambiar rotta agli americani all'ora di pranzo deviandoli dalla traiettoria ipercalorica.

La scuola Montessori, tutta a gestione italiana. The best.

Lombard Street, gli otto tornanti più tortuosi del mondo immortalata a più riprese da Hollywood. Peccato che ci scendano in moto impennando anche orde di tamarri urlanti.

Il San Francisco Chronicle

La Nasa.

Vietato fumare. L'ho già detto, ma è davvero vietatissimo, siete avvisati.










lunedì 9 novembre 2015

Grazie per averci portato la pioggia


Howard Shapiro, uno per cui il sostantivo "guru" non è speso a vanvera, ci accoglie alla UcDavis, il College californiano delle Scienze dell'agricoltura e dell'ambiente. 
Figlio di una coppia fuggita negli Usa per scampare alla mattanza nazista, ci ricorda che il pensiero  più frequente dei suoi genitori, provati da anni di sacrifici, "was food". 
Il cibo, per sopravvivere.
Ora che é uno dei ricercatori leader a livello planetario sui temi dell'agricoltura, del cibo e del rispetto dell'ambiente - intesi come unico ciclo virtuoso - spiega semplicemente, senza borie accademiche, quale sia il ruolo dei centri di ricerca:
"We are an accelerator of good ideas. We have to leave this place better than we found it".
Punto.
"Thank you for bringing the rain", ci dice alla fine salutandoci. 
Perché oggi piove, ma in California non succedeva da quasi due anni. E senza il contributo della natura - ricerca o non ricerca - si davvero poco distanti.

martedì 3 novembre 2015

Tirarsi su le maniche (25mila volte)

Il ragazzo con la maglia di Superman si chiama Luciano Venezia. Ed è esperto di arrotolamento di maniche, olio di gomito e sudore della fronte. Insomma, uno che non ha paura di lavorare. Nè lui, nè i suoi tre soci - Diego Lanzoni, Marco Gianpaoli e Maria Vincenza Gargiulo - che poco più di un anno fa hanno unito le forze per dare vita a"Edo - Ora sai cosa mangi".
In sostanza, si tratta di una app che permette di fotografare con lo smartphone l'etichetta sugli alimenti e analizzarne i componenti, assegnando un voto da 0 a 10, che identifica quanto quell'alimento sia sano e adatto alle proprie caratteristiche fisiche (che devono essere inserite al momento dell'installazione della app).
L'alimento può essere comparato automaticamente dalla app con alimenti analoghi, per poter quindi scegliere quello più appropriato. In totale gli alimenti "schedati" dai ragazzi, su cui si possono fare le comparazioni, sono più di 25mila.
L'altro giorno, quando siamo andati a trovarli a CesenaLab - un incubatore e acceleratore d'impresa dove ci sono tanti altri gruppi di ragazzi con idee altrettanto innovative e coraggiose - ci è venuto spontaneo chiedere in che modo avessero "schedato" i 25mila prodotti, cioè se avvalendosi di un procedimento automatico o in quale altro modo.

"A mano", ha risposto Luciano.

A mano.

"Qualche volta facendo anche un po' incazzare i titolari dei negozi che ci vedevano fotografare le etichette", ha ammesso sorridendo.
"A mano" ne hanno fotografati circa 10mila, poi gli utenti in giro per l'Italia hanno iniziato  a collaborare spontaneamente, fotografando le etichette sia nei negozi, sia nelle proprie dispense, inviandole ai ragazzi di Edo, che così sono arrivati  - per ora - a poco più di 25mila prodotti nel loro database. E la loro app, per ora, è stata scaricata e installata circa 250mila volte.
Ed è gratuita.
In Italia di ragazzi che hanno coraggio imprenditoriale, che non temono di buttarsi, che non hanno paura della fatica, che perseguono i propri obiettivi, di gente così, è pieno. 

domenica 1 novembre 2015

Quel bacio

Questa sera, nell'angolo della piccola sala nel ristorante egiziano nel centro di Modena, giusto due tavoli distante dal nostro, lei ha appena riempito il bicchiere d'acqua.
Capelli biondi, mossi appena, a sfiorare le spalle. 
Lui di fronte, barba lunga, capelli corti, neri. 
Sul tavolo deve ancora arrivare quel che hanno ordinato, ma l'aria del minuscolo ristorante anticipa gli aromi del falafel, del dolce al cocco, del cous cous appena cotto, delle alici al pomodoro e spezie, del pane arabo che svetta fumante, del te alla menta.
Lei rovista senza fretta dentro la borsa, lui guarda distratto il suo smartphone. 
Lei appoggia la borsa sopra una sedia vuota, la ricerca è finita. 
Lui appoggia il cellulare sul tavolo, il display è spento.
Lui allunga una mano sul tavolo, a prendere quella di lei.
Le dita si intrecciano per un secondo, le mani sono unite.
Lui si allunga verso di lei, alzandosi appena dalla sedia, lei si avvicina. 
Si baciano al centro del tavolo, lei chiude gli occhi. Anche lui li chiude.
Un bacio di un secondo, ma è già finito, perché arriva il cous cous. 
Si staccano. 
Continuano a guardarsi mentre il cameriere sistema i piatti.
Le mani si incontrano di nuovo al centro del tavolo.
Nessuna parola tra loro. 
Non serve.