domenica 27 giugno 2021

Finisco di girare la polenta e arrivo



Lei è Debora. Lui è Michele. 
La prima cosa che mi ha detto Debora è stata: "Ben arrivato! Finisco di girare la polenta e arrivo".
Lui, invece, mi ha subito preso per il culo: "Sei ancora immerso nella nebbia". In effetti avevo gli occhiali appannati - visibilità zero - dopo la breve camminata che dalla Baita del Sole mi aveva portato al Rifugio Duca degli Abruzzi al lago Scaffaiolo. 

Debora e Michele lavorano al rifugio e, la sera in cui sono arrivato, c'erano solo loro due. E io ero l'unico ospite del rifugio, tutta la camerata per me (mai capitato prima in vita mia). 

Insomma, eravamo in 3.

A cena, dopo avermi portato la zuppa di farro con verdure, si sono seduti nel tavolino di fianco al mio. Due ragazzi normali, lui 25, lei poco sopra i 30. I ruoli si sono azzerati subito, non c'erano un cliente e due ragazzi che collaborano alla gestione del rifugio, c'erano tre persone a chiacchierare dopo cena, con il vento che urlava fuori dalle finestre del rifugio.

Debora laureata in Restauro dei materiali archivisti e librari, fotografici e digitali. 

Michele in ingegneria gestionale. 

Debora a un certo punto, quando si era ritrovata nel bel mezzo della riforma universitaria, aveva rischiato di perdere una decina di esami fatti. S'è incazzata molto, ha mollato tutto e tutti ed è andata in Spagna "a cercare un Paese migliore del nostro". Poi però è tornata, ha ripreso i libri in mano e si è laureata.

Michele ha provato a fare un lavoro in ufficio, a Hera, ma la sua anima è quella del viaggiatore. Dopo la laurea, una mattina, ha pensato: parto. Ed è andato un anno in Sudamerica, pagandosi quell'anno con i risparmi dei lavoretti che ha fatto tutte le estati da quando aveva 16 anni. Il gene del viaggio gliel'hanno passato i suoi, globetrotter veri, mica tiktoker. Quando suo padre, negli anni 90, aveva detto a sua madre: andiamo al campo base dell'Everest, poi giriamo tra Nepal e Tibet, lei gli aveva riposto: si, ma quando torniamo voglio un figlio. Ed ecco Michele. Ed ecco anche la sorella di Michele.

Debora invece mi racconta che si possono salvare i libri dalle alluvioni, lei ci ha fatto la tesi, concentrandosi sull'alluvione modenese della zona di Bomporto. Bisogna congelarli, i libri, con una tecnica particolare, in modo che i cristalli di ghiaccio siano di una certa grandezza. Poi, quando sarà il momento, si scongelano e si salvano. E nel frattempo mi parla di sua mamma, che - quinta, dopo 4 fratelli maschi - le ha insegnato l'arte di tirarsi su le maniche per pensare ai maschi, che da soli non ce la possono proprio fare.

Michele ha trovato l'amore nell'emisfero sud, ma ora con la sua ex spagnola, conosciuta in Sudamerica - in Argentina, se non ricordo male - è finita. In Sudamerica nessun programma: alzarsi e pensare lì per lì come passare la giornata. Surfare nei due oceani, viaggiare tutti i giorni: "Quando viaggi capisci che abbiamo veramente culo a vivere in Italia, perché il mondo è bello da vedere, ma quel che abbiamo noi non ce l'ha nessuno. Prova ad aver bisogno di un medico in Perù, poi mi dici".

Debora fa yoga, ma lo dice quasi ridendo: "e chi ce l'ha un'ora al giorno con i ritmi qui al rifugio??. Al mattino mi metto qui fuori, all'alba, dieci minuti, ma solo per sciogliere le tensioni cervicali, un po' quelle lombari. Però si sta bene. Anche di testa".

Se devono trovare un momento identitario per le loro generazioni slittano dritti alle Twin Towers, perché del resto c'è poco che ti si attacchi davvero addosso. Però la nonna di Michele era una staffetta partigiana, quindi la sua testa è ben piantata anche nel Novecento, con l'orientamento corretto.

Debora teme l'americanizzazione della sanità, Michele la rassicura. Michele dice che un tizio conosciuto in Brasile gli ha regalato la tavola da surf, e pochi mesi più tardi si sono rivisti in tutt'altra parte del mondo, quindi lui si è sfilato la tavola da sotto il braccio e gliel'ha restituita, le onde che aveva cavalcato lo avevano riempito di energia.

Michele, che non ha mai difficoltà nel trovare un nuovo lavoro quando serve, dice che viaggiare vuol dire non programmare: "Mi alzo al mattino e decido". Debora è un po' intimorita dall'ignoto, ha bisogno di programmare, e questo per ora la frena dall'idea di viaggiare come Michele. 

Debora ha risposto all'annuncio per lavorare al rifugio, ma nel frattempo ha ricevuto una proposta per lavorare nel suo campo. E' terrorizzata dall'idea di andare in un posto in cui la sua creatività di restauratrice venga asfissiata dalle menate della burocrazia e delle gerarchie. Guarda fuori dalla finestra, è buio, ma nel rifugio si sta bene.

Michele le chiede se può finire anche la sua parte di stufato e polenta, Debora glielo passa.

Michele è ripartito per la Spagna. Ma tornerà al Rifugio Duca degli Abruzzi in luglio molto probabilmente. Debora aspetta di fare il colloquio per quel posto.

I giovani non hanno passioni, non hanno vite intense. Dicono. Ma ti imbatti in questi due, identici a tanti loro coetanei, laureati, padroni delle loro vite in ogni scelta professionale e personale, che ti accolgono mentre fuori si alza la nebbia. 

Tornare al rifugio, e non trovarli, non sarà la stessa cosa di quella sera, in cui lei ha finito di mescolare la polenta e lui mi ha preso per il culo per gli occhiali appannati.