Sarà stata la pubblicità dello yogurt, che gli ha reso più
familiare l’humus del commercio e dell’economia su grande scala. Fatto sta che
con Grillo, qualche anno fa, ha fatto irruzione in politica un concetto sino a
quel momento riservato all'economia, quello della disintermediazione.
Affidandoci a Wikipedia, ecco qui: “Quel fenomeno che si osserva quando i
tradizionali canali di distribuzione e vendita di un prodotto/servizio vengono
scavalcati, principalmente grazie all'uso delle reti informatiche (Internet)”.
Sostituite “distribuzione e vendita di un prodotto/servizio”
con “organizzazione del consenso elettorale” e il gioco è fatto: ecco servito
il MoVimento 5 Stelle.
Troppo complicato, dite? Sarà il caso, piuttosto, di capire
una volta per tutte che per entrare nell’analisi del M5S è necessario tirar su
le maniche e rinunciare ai semplicismi manichei tanto cari ai partiti
tradizionali (loro=cattivi e naif, noi=buoni), perché se è successo quel che è
successo, è anche a causa della pigrizia intellettuale dei vertici, che hanno
fatto spallucce di fronte ai vaffanculo della piazza e hanno liquidato con la
boria della presunzione il malessere che stava prendendo corpo nel Paese.
Ecco perché di disintermediazione, di astensionismo, di
antipolitica, di populismo e di tutto il corollario legato allo tsunami-Grillo,
sarebbe bene parlare più spesso in termini analitici, abbandonando funzionali
scorciatoie di sintesi autoassolutorie. Lo fa bene Pippo Civati, il consigliere
Pd della Lombardia e leader di Prossima Italia (oltre che candidato alla
segreteria nazionale del Pd), che da qualche tempo è in libreria con il volume
“La rivendicazione della politica – Cinque stelle, mille domande e qualche risposta” (Fuori onda editore).
Civati, tra i pochissimi a studiare il MoVimento sin dalla
sua genesi (si veda il documentario “A furor di popolo” delle Officine Tolau)
non fa sconti al suo partito, al contrario, stigmatizza la “lettura caricaturale”
che il Pd ha fatto del fenomeno-Grillo, ricordando l’assoluta condivisibilità
di gran parte dei temi sollevati da Grillo nel primo V-Day, nel 2007. Di quel
giorno Civati ripesca una dichiarazione di Rosy Bindi che lascia al lettore il
dubbio di trovarsi su “Scherzi a parte”, tanto questa è sovrapponibile al
programma del M5S. Eppure è, anzi era, tutto vero. Poi, però, il Pd – e con lui
tutto il sistema dei partiti – ha preso la direzione che sappiamo, imprimendo
il marchio di “antipolitica” a tutto l’universo-mondo di Grillo.
Ma Civati – e qui sta uno dei meriti analitici del volume
- ribalta il concetto di antipolitica:
“L’antipolitica allora non è quella rappresentata dal MoVimento 5 Stelle, che
rifiuta piuttosto questa politica, ma è una disciplina tutta-politica a cui si
sono dedicati in molti: chi ha banalizzato il tema dei costi della politica per
conservare alcuni inattaccabili privilegi; chi non ha vigilato sul rimborso
elettorale, consentendone un uso distorto; chi ha per anni giocato sull’indistinzione
tra destra e sinistra, e ora se ne lamenta; chi ha visto crescere
l’astensionismo e il malessere diffusissimo nei confronti dei partiti (che si
avvia a raggiungere, secondo i sondaggi, il 100% della popolazione) senza fare
alcunché. Anzi, proseguendo com’è sempre stato”.
Ecco, quindi, la rivendicazione della politica del titolo,
restituire alla politica il ruolo che le è proprio, togliendola dalle secche di
un'autoibernazione a puro scopo di sopravvivenza di fronte alle nuove istanze.
Il volume, ricordando anche il ruolo (non condiviso) di
Renzi nell’intercettare la disaffezione (sul grillismo renziano segnalo,
consentitemelo, anche un mio post relativo alla seconda Leopolda) scende poi
nel dettaglio del MoVimento, ne tratteggia i limiti del contenuto
programmatico, evidenzia i tratti personalistici, insomma offre un quadro
chiaro ed esaustivo del M5S, puntando il dito verso il carattere gattopardesco
che il MoVimento potrebbe assumere: cambiare tutto per non cambiare niente, un
rischio che il Paese non può permettersi.
Le incursioni di Giovanni Fontana (blogger di punta del Post.it) e dello
scrittore Paolo Nori - che in un certo senso destrutturano alcuni capisaldi del
MoVimento – sono lucide e spassose, affiancate da un parallelo Indignados/M5S
che illumina i tratti comuni con i vary “Occupy” sparsi per il pianeta, un
abbrivio per ricordare a tutti che sul territorio – anche italiano - esistono comunque già da tempo campagne e
movimenti che si muovono per tagliare alcuni dei traguardi indicati da Grillo, su tutti
Libera.
Civati qui ha il merito di portare a sintesi vera i tratti
essenziali delle questioni, delegando a Simona Guerra e a Francesco Astore
l’approfondimento di due aree particolari: Simona Guerra, dottore di ricerca in
Scienze Politiche e Studi Europei, focalizza il tema de “Le cinque stelle e il
populismo”, che vi invitiamo a leggere anticipando solo un passaggio
fulminante, emblematico del contenuto:
“I populisti – spiega Guerra – possono essere moralisti, ma non sono mai
programmatici”, aforisma che ci riporta al rischio di gattopardismo indicato da
Civati. Francesco Astore, membro del Forum Nazionale Giovani, indica già nel
titolo del suo saggio lo zenit della questione: “Facciamo vincere Grillo (ma
non come vuole lui)”. Astore, citando
Trevor Fitzgibbon (uno dei fondatori di MoveOn), ricorda che “è molto più
semplice aggregare <<contro>> qualcosa o qualcuno che a favore”, ma
introduce elementi di fiducia auspicando la vittoria della politica, quella
vera, che può arrivare anche attraverso gesti di alta valenza simbolica, oltre
che effettiva, come le primarie. I fatti, va detto, gli danno ragione.
E quindi? E quindi Civati detta la sua road-map dall'interno del Pd, che è
quella di una politica che ritrova se stessa e riesce a porre tutte le
questioni in un ambito che non è più nazionale, ma per forza di cose è
comunitario e planetario, uscendo dalla visione ombelicale del grillismo,
anticomunitario ed eurofobico. E’ infatti in un
contesto europeo che devono essere inquadrati i temi sollevati, prima
ancora che dal M5S, da chiunque abbia a cuore le sorti del Paese. Civati, quindi, punta a fare del Pd un partito
contemporaneo in grado di contrapporre al livore delle 5 Stelle la prospettiva
delle 12 Stelle dell’Unione Europea: “Il Movimento 12 Stelle, quelle della
bandiera europea, è l’unico davvero obbligatorio, un movimento che si rivolga
all’Europa e, quindi, alle vicende politiche dei singoli Stati che ne fanno
parte […] Con più Europa, e non con un atteggiamento di rifiuto delle sue
istituzioni. Soltanto attraversando questa frontiera non solo metaforica, la
politica darà senso a se stessa e alle scelte che riguardano il nostro Paese”
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