domenica 30 giugno 2013

La montata lattea di Carlotta Magnanini e i cadaveri del Vajont


Per spiegare che ha avuto una montata lattea scarsa, Carlotta Magnanini su D di Repubblica scrive:

"La montata lattea non fu quell'esondazione inarrestabile del Vajont come avrebbe dovuto essere, ma di quelle che va be', sempre meglio che niente. Così così. Da puerpera spuria". 

E poche righe dopo, per precisare di aver provato anche con il latte ipoallergenico Unipo, sottolinea: 


"La poppata successiva fu un Vajont di Unipo in polvere".


Maneggiare la scrittura, ignorando la storia, provoca sempre risultati agghiaccianti e, in questo caso, umilianti per la memoria delle 1917 vittime del Vajont, per i superstiti e - sì - anche per il giornalismo.
Sono sicuro che è tutto scritto in buona fede, faccio lo stesso mestiere della Magnanini e so che può capitare, ne ho già scritto. E' capitato anche a me. 
Ma almeno nell'anno della ricorrenza del 50° della catastrofe di Longarone, un po' di attenzione, dai. 
Altrimenti va a finire che, per descrivere una diarrea, scriveremo simpaticamente di aver avuto un'Hiroshima nel culo. Oppure descriveremo un travolgente sisma dell'Irpinia nel naso per dire che ci stavano scaccolando con una certa irruenza. O un olocausto in cucina per dire che il frigo non funziona.
Io, oltre che giornalista, sono figlio di una superstite e faccio un invito ufficiale a Carlotta Magnanini, senza ironia: se è disponibile, un giorno la accompagno nelle zone della tragedia. Sono sicuro che capirà che il mio non è livore, è solo tentativo di mantenere viva la memoria.

mercoledì 5 giugno 2013

Non tutte le donne sono così feroci (speriamo)


Treno regionale Bologna-Venezia, ore 9,20.
Salgo, apro il giornale. Di fronte a me c'è un uomo, cinquant'anni circa, anche lui sprofondato nella lettura di Repubblica.
Salgono quattro donne, età media 65. Si siedono proprio di fianco a noi. 
Sono chiaramente in gita, una è evidentemente la "leader". 
E' bassa, robusta. bionda ultra-tinta, vestita in maniera curata, gioielleria di seconda mano, voce sicura, occhialoni da sole. Non so ancora che sta per accadere qualcosa di feroce.
Il treno parte, le chiacchiere delle quattro donne in gita anche.
Improvvisamente sale altissimo il tono della voce della donna ingioiellata.

"MA BASTAAAA, SEI SEMPRE QUELLA CHE PUNTUALIZZA"
E la donna di fronte all'ingioiellata replica, quasi sottovoce. "Ma ho solo detto..."
"SEI SEMPRE QUELLA CHE ROVINA LE DISCUSSIONI"
"Ma cosa ho detto"? (sommessamente)
"SE IO PARLO DI BARCELLONA E DI GAUDI', CHE BISOGNO C'E' DI PRECISARE?"
"Ma io ho solo detto che..."
"SE IO DICO CHE A BARCELLONA C'E' IL QUARTIERE GAUDI', CHE BISOGNO C'E' DI PRECISARE CHE SONO SOLO TRE CASE, NON UN QUARTIERE????"
"Va bene, va bene. Dicevo solo che sono tre edifici"
"NO, NON VA BENE, BISOGNA CHE QUALCUNO TE LO DICA, SEI SEMPRE COSI!!! GUARDA CHE LA GENTE QUANDO CHIACCHIERA VUOLE SOLO CHIACCHIERARE, NON VUOLE CHE GLI SI ROMPA LE BALLE!"
"Va bene, va bene, finiamola qui, scusa"
"FINIAMOLA QUI!?? NON MI VA BENE CHE TU DICA FINIAMOLA QUI CON QUEL TONO!!!"
Con un filo di voce, guardando verso il pavimento "Per favore, sto male, per questo dico finiamola qui. Basta, per favore"
"AH, ECCO, FINIAMOLA QUI, SI, MEGLIO"

Il treno sferraglia verso Ferrara, il quartetto prosegue il chiacchiericcio, a cui però non partecipa più la donna  che ha osato contraddire l'ingioiellata. Se ne sta in silenzio, umiliata, col groppo in gola.
Il treno ferma a Ferrara. 
Prima di scendere, l'uomo di fronte a me si alza e si avvicina al quartetto di over65, si china verso la donna che è lì ancora silenziosa, le tocca un braccio. 
Lei si gira verso lo sconosciuto, con aria mite, sorpresa.
Anche le altre tre sono sorprese da quell'intrusione tanto inaspettata e si fanno improvvisamente silenziose.
Lui le dice: "Ho seguito la vostra discussione. Una donna con la sua sensibilità, la vorrei come zia delle mie nipotine".
"Davvero?", chiede. E un sorriso incredulo le illumina il viso.