domenica 29 dicembre 2013

La lezione del 2013

Ieri, dopo molti anni, ho rivisto un amico d'infanzia.
Lui era il più veloce di tutti nelle corse, durante l'ora di ginnastica.
In questi anni ci ha divisi solo la distanza geografica.
Io sono andato via, lui è rimasto.
Ma ci siamo tenuti sempre in contatto.

Quando ho suonato al campanello di casa, non ha risposto.
Allora l'ho chiamato al cellulare, ma non ha risposto neanche in quel caso.
Strano, avevamo un appuntamento e lui mi aveva garantito: "Ti aspetto".
Gli ho mandato un messaggio e ho aspettato fuori casa.

Dopo qualche minuto ha risposto testualmente: "Fatti aprire la qualcun altro la chiave è sotto il tappetino al testo piano".

Salgo.
Trovo le chiavi.
Apro la porta.
Entro.

Lui è lì, in cucina, che mi aspetta.
Si scusa per non avermi aperto e mi spiega cosa glielo ha impedito.
Era solo in casa.
I freni della sedia a rotelle erano rimasti bloccati, e lui non riesce da qualche mese a muovere neanche le braccia, perciò non poteva sbloccarli.
La poca forza residua che ha sulle gambe gli permette di far avanzare la sedia a rotelle di pochi centimetri alla volta, ma con i freni tirati c'è poco da fare.
Non solo. Il dispositivo del cellulare che gli permette di usare i comandi vocali si era inceppato ed era rimasta attiva solo la funzione "rispondi al messaggio".

Quando io suonavo al campanello, quindi, lui non poteva muoversi per venire ad aprirmi. Né poteva rispondere alla chiamata del cellulare. Per fortuna gli ho mandato un messaggio, così ha potuto rispondere.

Quando sono entrato, lui mi ha salutato dandomi le spalle, dato che non si può muovere.
Ci siamo raccontati molte cose, con grande semplicità.

Non abbiamo parlato della malattia che si è manifestata qualche anno fa e lo ha costretto progressivamente sulla sedia a rotelle, presentandogli il conto dell'immobilità.

Abbiano solo parlato di cose che ci facevano ridere. O riflettere.

Poi ci siamo salutati.
Io sono uscito, lui è rimasto lì.

E sono rimasto solo, con il pensiero della totale inconsistenza delle cose di cui mi lamento tutti i giorni.


giovedì 12 dicembre 2013

"Tutti hanno diritto di dire ciò che vogliono. Ma anche noi di chiamarla Troia!"

La faccia, in questo video, la mettono alcuni giornalisti di Modena, solidali con la collega, ma le parole sono quelle testuali dei grillini. La "base" del Movimento 5 Stelle? Eccola qui: incitati da Beppe Grillo i "fan" del movimento così commentano su Facebook un articolo (sgradito al Capo) scritto da Maria Novella Oppo, giornalista dell'Unità. 

domenica 1 dicembre 2013

"Spese pazze" in Regione: se anche Michele Smargiassi rinuncia al giornalismo siamo fritti

Michele Smargiassi
Restituitemi Michele Smargiassi!! Quello vero, però.
Adesso vi racconto.

Questa mattina sfoglio Repubblica. In prima pagina c'è la firma di Michele Smargiassi. L'articolo è intitolato "Convegni, hotel e aragoste: il modello emiliano naufraga tra gli scontrini". Mi pregusto la lettura, proprio come si fa con una pietanza succulenta, quando sai che il palato ti ringrazierà per l'estasi del risultato.
Leggo Michele da un quarto di secolo. Per me, che sono un giornalista di serie D, con un percorso professionale lastricato da errori grossolani e imperfezioni continue, lui rimane una sorta di esempio vivente, punto di approdo auspicabile.
Stile inimitabile, prosa piacevole, gusto della battuta, efficacia della argomentazioni. Sempre attento alle fonti, ai riscontri, ai dati. In altri termini, alla sostanza. E, naturalmente, sintesi fulminanti, che in una frase condensano in maniera sublime anche la più contorta delle vicende.

Quella che preferisco è: "C'è un corvo ma assolutamente nessuna volpe nella spy-story al ragù che sta esagitando la campagna elettorale bolognese", che riassumeva in maniera beffarda la sequenza di colpi bassi della campagna elettorale a Bologna nel 2009.

Il pezzo di oggi, come sempre, è perfetto e, per larghissima parte, condivisibile, sulla linea di quanto già Aldo Balzanelli scriveva circa un mese fa. Smargiassi scrive che la vicenda delle cosiddette "spese pazze" di cui tanto si parla (e che saranno al centro della direzione regionale del PD in programma domani sera, durante la quale i consiglieri del PD Monari e Montanari potrebbero annunciare le loro dimissioni) "accade in una Regione politicamente immobile, consociativa e senza vera opposizione da decenni.

Smargiassi, in sostanza, fotografa una situazione, inserendo però il registro del suggerimento blando, una sorta di preparazione del terreno al lettore verso una conclusione ovvia, che prosegue con le frasi successive:

L'impressione è che nel decalogo del consigliere sia saltata ogni distinzione fra spese istituzionali, finanziamento ai partiti, belle figure 'a gratis' e sontuoso apporto al benessere personale con missioni stile "convegno più aragosta.

Un'impressione, quindi, come dice Smargiassi. In sostanza, una sua opinione, su cui si può concordare o meno. Non è esattamente il mestiere del cronista, ma capita.

Poi, però,  come in tutti i suoi pezzi, arriva la sintesi, questa:

"Uno stile di vita politico fatto di begli alberghi, ristoranti a tutte stelle e auto in attesa"

E' su questa frase che ho capito di essere diventato orfano di Smargiassi, che ha scelto - anche lui - la scorciatoia della sintesi piaciona ed ammiccante , che sempre - anche in questo caso - è bellissima ed efficace dal punto di vista della potenza dell'immagine, ma del tutto indifferente alla realtà delle cose. Smargiassi, messo di fronte alla fatica del giornalismo, questa volta sceglie anche lui l'abbrivio dello slogan, anche se - mai come in questi casi - sarebbe stato necessario dare i dati reali, capire chi, quanti, come, in che occasione. Smargiassi, come chiunque tra di noi faccia questo mestiere, conosce centinaia di politici e vede bene quale sia la quotidianità della filiera, dal consigliere circoscrizionale sino al consigliere regionale, vite nella stragrande maggioranza dei casi lontane anni luce - nella sostanza e nelle modalità - dallo slogan con cui riassume un'intera compagine.

Siamo insomma al famoso "è tutto un magnamagna", "qui una volta era tutta campagna", "tanto alla fine sono tutti uguali. Che, detta da Sallusti o Brachino passi pure. Ma scritta da Smargiassi lascia orfani di una delle penne migliori in circolazione.

Ed è un peccato, perché se anche il giornalismo "buono" si lascia erodere dalla pigrizia di questa sorta di iconoclastia laica, così tanto di moda e così tanto cieca, chi rimarrà a raccontare i fatti separati dalle opinioni? 

Restituitemi Michele Smargiassi!!