sabato 30 marzo 2013

Comunque vada, pensiamo a chi verrà dopo di noi

Comunque vada, indipendentemente dalle scelte di Napolitano, credo che questo Paese debba avere uno sguardo di prospettiva, strutturale, che restituisca all'Italia il futuro che davvero si merita, dando priorità nel lungo periodo alla cultura, all'idea-base di studiare "cose che non servono".
L'imbarbarimento non ha per forza i tratti delle rivolte di piazza. Spesso, storicamente, ha vestito i panni delle scintillanti tecnocrazie al potere. Perciò, per favore, vediamo di investire su chi verrà dopo di noi. Passiamo le strettoie di questo periodo, ma cerchiamo di uscirne con il passo di chi ha veramente a cuore i destini dell'Italia. Cerchiamo, soprattutto in questi passaggi adrenalinici e ombelicali, di garantirci soprattutto la capacità di guardare lontano, altrimenti è finita se cerchiamo solo ed esclusivamente  la soluzione-instant che si piega esclusivamente al volere degli equilibri economico-finanziari. Ecco perché, proprio e soprattutto nelle ore più drammatiche, bisogna saper respirare e guardare oltre l'orizzonte della nostra quotidianità, per chi verrà dopo di noi.  Maurizio Ferraris, qui, spiega bene quello che io ho detto malissimo. Dite che esagero? Anche io spero di sbagliarmi. Il punto è che poi, dopo - quando è tardi - uno pensa sempre: sarebbe stato meglio averci pensato prima.


martedì 26 marzo 2013

Ecco i post cancellati dal sito di Beppe Grillo

Si chiama "nocensura", si trova a questo indirizzo e fotografa in tempo reale tutta l'attività del sito www.beppegrillo.it. 
Per ogni post presente sul sito del comico si possono vedere:
  • titolo
  • data di pubblicazione
  • orario di eventuale aggiornamento
  • commenti totali 
  • e, soprattutto, I COMMENTI RIMOSSI (che su nocensura si possono invece leggere integralmente)

Un articolo su Repubblica spiega bene come funziona.

La sostanza è che finalmente, tutti, potremo sapere cosa viene cancellato dal sito del leader che puntava tutto sulla trasparenza della rete.
Buona lettura.

domenica 24 marzo 2013

Appello ai grillini: uscire rapidamente dal tunnel della paranoia

La cosa peggiore, dal punto di vista politico, è il rischio di gettare al vento tutto ciò che c'è di buono nel MoVimento 5 Stelle (e ce n'è un bel po'). E' un rischio concreto, concretissimo, perché se il blog scivola sul piano inclinato che ricorda la paranoia, come nel post "Schizzi di merda digitali", poi è quasi impossibile tornare indietro. 
Prendo da Wikipedia:

Per paranoia si intende una psicosi caratterizzata da un delirio cronico, basato su un sistema di convinzioni, principalmente a tema persecutorio, non corrispondenti alla realtà. 

Appello ai tantissimi grillini di buonsenso: apritevi al mondo, non buttate via la vostra rivoluzione infilandovi in questi tunnel. Grillo, da sempre, ripete che "uno vale uno". Dimostrategli che è vero: ognuno di voi respinga al mittente queste fobie e si apra al dialogo con le altre forze politiche. L'arroccamento non porta mai da nessuna parte.

sabato 23 marzo 2013

Caro Grillo, stanotte ho avuto un incubo: il ritorno di Berlusconi


Stanotte ho avuto un incubo iperrealistico, quasi in 3D.
Spero di sbagliarmi, ma grosso modo succedeva questo:

  1. Bersani non riusciva a formare il governo perché Grillo non gli assicurava la fiducia
  2. Bersani rinunciava e rimetteva la questione nelle mani di Napolitano
  3. Napolitano, prossimo alla fine del settennato, prorogava con vibrante senso di responsabilità il governo Monti per assicurare la gestione dell'ordinaria amministrazione
  4. Il parlamento eleggeva il nuovo Presidente della Repubblica
  5. Il nuovo Presidente della Repubblica conferiva il mandato per il nuovo governo a un tecnico (o comunque a una personalità "terza" tra le parti), che gestiva la fase necessaria all'approvazione delle riforme necessarie
  6. Approvate le riforme (quasi certamente senza una nuova legge elettorale) si tornava al voto e succedeva questo: 
  • Una quota dei "delusi dal PD" che aveva votato Grillo per protesta, si asteneva o votava di nuovo PD.
  • Una quota di "astensionisti storici" che aveva votato Grillo sperando in qualcosa di diverso, si asteneva
  • La quota dei "delusi dal PDL" che si era astenuta o aveva votato Grillo per protesta, votava di nuovo in massa PDL
  • Il MoVimento 5 stelle perdeva un sacco di voti
  • Il PD perdeva un sacco di voti
  • Berlusconi, per poco - ma quanto basta - trionfava al Senato e alla Camera
  • Spero di sbagliarmi (l'ho già detto?)

giovedì 21 marzo 2013

L'apriscatole di Grillo serve solo per contare le caramelle


Come volevasi dimostrare. L'apriscatole a 5 Stelle si rompe non appena intacca la superficie suprema del Quirinale. Ma come?!? Dieci anni di vaffanculo urlati al cielo da piazze che schiumano rabbia, uno tsunami che nel suo percorso ha travolto città, province, partiti, ideali, persone, rendite di posizione. L'onda anomala che conosciamo bene, quella stessa onda che ha lasciato dietro di sé una scia di equilibri mandati all'aria e che aveva spalancato una prateria in cui ricostruire un futuro a misura di cittadino, corroborato da una morale civica trasversale, pulita, cristallina.
Quella rivoluzione a suon di bit che ha conquistato il mondo e le copertine patinate del web, che fa incetta di voti, che fa il pieno di deputati e senatori, che arriva al colloquio con il Capo dello Stato, che può finalmente dare forma, nome e cognome allo sconvolgimento annunciato, dare un viso,  sostanza, sì, una sostanza, perché nel MoVimento questo nome sarebbe stato sostanza, e che succede?
Succede che nel momento dei momenti il MoVimento si affloscia come un soufflè della prima repubblica: "Abbiamo indicato un processo, non un nome", dice la capogruppo alla Camera, Roberta Lombardi, liquidando con la consueta spocchia pentastellata i giornalisti in attesa di precisazioni, sfoderando purtroppo una continuità con i bei tempi delle "convergenze parallele", quando dare risposte concrete agli elettori era un dettaglio secondario rispetto ad equilibri terzi. Equilibri che emergono con chiarezza nel piano B del comico: se non ci date la guida del governo, dateci la presidenza del Copasir e Vigilanza Rai, per poter "rendicontare anche le caramelle".
Se fossi un grillino, sarei molto irritato. Mi sarei aspettato un'auto che entra nelle sale ovattate del Quirinale, un'auto che va a batterie solari guidata finalmente dal misterioso candidato M5S per il governo, che a un certo punto apre la portiera, scende e dimostra a Napolitano che si possono respirare le esalazioni  dalla marmitta di quell'automobile, da cui esce vapore acqueo, perché in quella tecnologia c'è anche l'idea del nuovo mondo a cui si punta.
Invece no. Le caramelle rendicontate. Un processo, niente nomi. La presidenza. Gnegnegnegne gnegne gne gne. Che lagna. E che delusione.
Qualche settimana fa, prima delle elezioni, ero a pranzo con uno dei politici del PD più in vista a livello nazionale. Tagliatelle, lui. Io arrosto all'aceto balsamico.
"Secondo me il MoVimento non dura tanto", avevo abbozzato io, che posso permettermi la leggerezza e l'approssimazione tipica di noi giornalisti, soprattutto di fronte all'arrosto fumante.
"Anche secondo me", aveva concordato lui.
Ecco, credo che la nostra previsione non fosse così campata in aria.  Perché il MoVimento, quello vero, quello delle origini, quello delle istanze vere e trasparenti, quello della bellezza della politica sana,  quello dell'idea di Paese nuovo, quello che ha spinto quasi nove milioni di italiani a votarlo, quello che in fin dei conti aveva istanze trasversali a tutto il centrosinistra, quel MoVimento sta cambiando pelle sotto gli occhi allibiti di una buona parte del suo elettorato.
Ciò che rimane, probabilmente identico nei numeri, è un'altra cosa.
Ridateci il MoVimento, non seppellitelo nella tomba del lamento spocchioso.

domenica 17 marzo 2013

La proposta: Don Ciotti alla guida del governo

Ora che il PD ha rotto gli indugi e ha curato la regia per portare Laura Boldrini alla presidenza della Camera e Pietro Grasso a quella del Senato, dovrebbe completare l'operazione di rottura degli schemi proponendo senza alcuna esitazione un nome di garanzia e di innovazione assoluta per la guida del governo: don Luigi Ciotti.
Bersani dovrebbe fare quel passo indietro che già hanno fatto Franceschini e la Finocchiaro per Camera e Senato, e proporre a Napolitano proprio Don Ciotti, che - affiancato da personalità di riconisciuta competenza - prenderebbe per mano il governo per il periodo necessario a fare le riforme che questo Paese richiede a gran voce sui temi del lavoro, della disoccupazione, della lotta alla corruzione, della lotta alle mafie, della reale rappresentanza attraverso una legge elettorale che calcelli l'onta del Porcellum, così da tornare il prossimo anno alle urne per restituire all'Italia il futuro che si merita.
Don Ciotti non ha bisogno di presentazioni, la sua storia parla per lui e, proprio per questo, potrebbe parlare per tutti noi. 

"Caro Grillo, la coscienza vale più del non-statuto". Parola di grillino.


"Non permettere a gente come Schifani di fare il Presidente del Senato non sta scritto nel non statuto, sta scritto nella coscienza umana e a quella tutti noi rispondiamo, prima ancora che allo statuto, Caro Beppe."

In questa frase, che un grillino indirizza  a Grillo in risposta al post  vagamente minaccioso con cui il comico si incazza di brutto per il "tradimento", c'è tutto il momento drammatico, ma democraticamente meraviglioso, del MoVimento: "Caro Grillo, la coscienza vale più del non-statuto". Parola di grillino.

Mi sa che Grillo dovrà prepararsi ad altre (belle) sorprese.

mercoledì 13 marzo 2013

Niente rimborsi ai partiti? Siete proprio sicuri?

In rosso, i paesi che non prevedono rimborsi ai partiti
Visto e rivisto mille volte in questo periodo, il copione dell'inseguimento pedissequo a Grillo e ai suoi diktat si ripete. Questa volta Bersani, lavorato ai fianchi anche da Renzi (toh?), apre sul tema dei finanziamenti ai partiti, tema su cui si dichiara disponibile a rivedere le norme.
Perfetto. Prima però di cedere senza se e senza ma a questa cosa, andrebbe ricordato che il finanziamento pubblico ai partiti è una garanzia per la democrazia, a meno che non si voglia lasciare aperta la porta alle stanze del controllo democratico solo ai magnati.
Il vero tema, su cui tutti conveniamo, è invece definire una norma più rigida sulla rendicontazione delle spese sostenute da parte dei partiti con i soldi pubblici, in modo che con i nostri soldi i politici non comperino diamanti per le amiche o Suv per muoversi meglio a Roma quando arriva un centimetro di neve.
Su questo breve articolo tratto da Fanpage.it si spiegano bene alcune cose su questo tema:

"dicono che i finanziamenti pubblici ai partiti ci sono solo in Italia e vanno totalmente aboliti. Ma non è vero: solo il 28% dei Paesi del mondo non prevede nessun sostegno alle forze politiche, e quasi tutti hanno una pessima tradizione democratica...".

In altre parole, meglio evitare di seguire Grillo ogni volta che apre bocca su qualunque cosa.

lunedì 11 marzo 2013

La nemesi di Grillo, costretto (forse) a una "enter strategy"


L'avventura del MoVimento 5 Stelle non è ancora iniziata e già Grillo, fustigatore della politica, è costretto a fare ricorso ad una delle armi che i politici più consumati utilizzano nelle strettoie della dialettica tra i poteri: la richiesta della fiducia: o mi appoggiate, o me ne vado.
Il politico che la richiede, sa perfettamente che nella richiesta di fiducia è insita la conseguenza del "muoia Sansone con tutti i filistei". Niente fiducia? Allora finisce tutto qui. Per tutti.
Nel suo caso si tratta di una richiesta che ha a che fare con la sensazione del padre tradito dai figli, quella sensazione quasi inaccettabile che provano i genitori quando vedono che i figli, accompagnati alla scoperta del mondo, scelgono autonomamente la loro strada, facendo tesoro dei consigli paterni, ma consapevoli che il mondo nel frattempo è cambiato. Grazie papà, terremo conto della tua saggezza, ma il mondo è nostro e decideremo noi.
Io credo che pochi tra gli attivisti avranno il coraggio di dire "no" a Grillo.
Ma Grillo, imbrigliato nelle maglie degli obblighi istituzionali e delle richieste della base, ha capito che la responsabilità della rappresentanza è molto più complessa e triste della baldanza dell'opposizione "sempre e comunque". Con buona pace della sua idea rivoluzionaria, che pure tante ottime cose porta in dote.
Staremo a vedere quale sarà la sua "exit-strategy" da questo vicolo (quasi) cieco. Chissà, potrebbe assumere  paradossalmente i contorni di una "enter-strategy", un inaspettato appoggio a Bersani nella convinzione che il Paese, a conti fatti, va cambiato dall'interno.

venerdì 8 marzo 2013

Informarsi, informarsi, informarsi.


Ma voi vi siete mai chiesti come fanno i politici a informarsi? Dove trovano le notizie, i dati? Come fanno a tenersi aggiornati? In che modo si documentano?

Vi assicuro che non sono domande retoriche, io me lo chiedo perché una delle cose che più mi impressiona a due settimane dal  boom del MoVimento5 Stelle, è lo sbalordimento di buona parte della politica verso il fenomeno-Grillo. Non mi riferisco allo stupore della dimensione del suo successo, no, quella è stata stupefacente per tutti, nonostante i sondaggi avessero già anticipato la tendenza. Mi riferisco proprio alla conoscenza-basic del MoVimento, come se questa cosa fosse piovuta dal cielo e nessuno ne avesse mai parlato prima.

È pieno di politici che non ne sa ancora niente o, peggio ancora, che di Grillo e compagnia bella ha la tipica conoscenza macchiettista e superficiale che si limita a traccheggiare sul populismo. E i dibattiti sui giornali, web e tv non escono dalle paludi di questi cortocircuiti. Eppure di Grillo e del MoVimento è possibile sapere tutto, perciò è quasi superfluo constatare quanto sia colpevole l’atteggiamento di chi non si era informato per tempo prima e di chi ancora non si informa davvero oggi, politici in primis.

Adesso prendete fiato e perdonate l'autocitazione, ma è per una buona causa:  un'occasione di sapere tutto di Grillo, sottolineo tutto, c'era almeno da due anni, da maggio 2011, da quando cioè è online il nostro documentario “A furor di popolo” ("noi" siano le Officine Tolau, cioè Paolo Tomassone, Davide Lombardi e il sottoscritto, in collaborazione con Giulia Bondi), commissionato da Pippo Civati in qualità di responsabile del Forum Nuovi Linguaggi e Nuove Culture del PD, un documentario che per primo aveva messo a sistema tutto ciò che riguardava Grillo, raccontando per filo e per segno il MoVimento, a partire dalle testimonianze della folla oceanica che aveva riempito il pratone di Cesena per la celeberrima Woodstock 5 Stelle del 2010.

Andate a guardarlo, in 34 minuti c’è tutto: chi sono i grillini, cosa vogliono, la loro provenienza politica e sociale, le accuse al sistema dei partiti (in particolare al PD), la sensibilità ambientale, le richieste di moralizzazione della politica, la lotta agli sprechi, la volontà di un parlamento pulito, il malcontento originario dei fuoriusciti di sinistra che lasciava chiaramente intendere il successivo tsunami di consensi trasversale agli schieramenti. In altre parole, c'era tutto. 
I grillini che lo hanno visto, pur prevenuti, hanno dovuto riconoscere – tutti – che è l’unico documentario che li racconta in maniera trasparente e senza alcuna malizia. Insomma, è oggettivo. 

Documentario a parte, mi sembra anche incredibile che gran parte dei politici in questi anni non abbia frequentato il portale del MoVimento, dove si poteva tranquillamente tastare il polso all'indignazione che lievitava, evitando di accontentarsi dei riassunti semplicistici della stampa generalista. Fa un po’ sorridere, per continuare con gli esempi, che il video “Gaia", in cui Casaleggio teorizza un futuro cupo e carico di sventure, sia costantemente riproposto come lo scoop del giorno, dato che è online dal 2008 (dalla preistoria, in termini web) e che noi avevamo ovviamente - direi quasi scolasticamente, perché era proprio l'ABC -  inserito nel documentario. Nel 2010, il nostro trailer del documentario diceva già molto. Insomma, ci siamo capiti: com'è possibile che, mediamente, i politici siano caduti dal pero, visto che c'erano migliaia di possibilità di informarsi? Perché la politica – che pure ha a disposizione gli strumenti di conoscenza, come in questo caso - non riesce ad utilizzarli?

Conosco molti politici e tocco con mano il rischio della continua autoreferenzialità, dei discorsi ovattati nei salotti, di fronte ai caminetti o facendo patti mentre si mangiano crostate. Succede a tutti i livelli, mentre, fuori,  le cose semplicemente succedono. Ma un approccio alla realtà così maldestramente mediato, crea ovviamente risposte altrettanto fiacche, quando non del tutto fuori bersaglio. Ragion per cui, la politica dovrebbe invece attrezzarsi per monitorare davvero il territorio, inserire le proprie antenne, utilizzare al meglio l'esercito di talenti lì fuori, nel mondo vero, una rete di inviati, di curiosi, di studiosi (chiamateli come volete) che sappia ascoltare sia il territorio reale che quello virtuale, e che restituisca poi alla politica le informazioni che contano, quelle concrete, non gli slogan. E, soprattutto, che sappia limitare il fenomeno della conoscenza mediata dalla lettura dei sondaggi, tipo: misuriamo quanto pesa 'sta roba qua. Questa non è conoscenza, è tattica.

Pippo Civati non ha bisogno di biografi con la tendenza all'agiografia, ma gli va riconosciuta la lungimiranza di aver annusato il MoVimento prima di tutti, di aver capito che era necessario consolidare la conoscenza (da qui l'idea di commissionare un documentario a un pool di giornalisti neutrali) e di provare a disseminare. Quest'ultimo passaggio è stato ottimo su web: più di 20mila visualizzazioni per un documentario politico sono tante, considerando che non c'è neanche una tetta o mezza chiappa, neanche nelle tags, per acchiappare visite (e se un politico non sa cosa sono le tags, vada a studiare, perché vuol dire che è fuori dal mondo, sicuramente dal mondo del 2013). Ma non è andata altrettanto bene nel mondo reale, perché tutto ciò che di Grillo in questi anni è stato scritto, girato, registrato, documentato, prodotto, portato sul palcoscenico, nei fumetti, su web, insomma ovunque, tutto questo è stato bypassato dalla immarcescibile (e comoda) abitudine della politica di usare solo il registro dello scontro, surfando sull'onda del continuo rimpallo di slogan, senza l'umiltà di studiare.

Questa modalità, però, crea solo disinformazione, di cui la prima vittima è la politica stessa e, di conseguenza, tutto il Paese. E' una politica che pratica l'estenuante arte di definirsi per sottrazione ("noi non siamo così"; "noi non vogliamo questo"; "noi non chiediamo che" ecc ecc), arrancando e ansimando quando c'è invece l'esigenza netta di definirsi in positivo ("noi siamo questo", noi vogliamo questo").
Ma la matematica non si piega alla logica della politica e non lascia scampo, queste operazioni di sottrazione e addizioni portano a uno zero tondo tondo, svuotano di significato la politica, i partiti, le istituzioni e, a conti fatti, il Paese.
Meglio per tutti, allora, studiare, capire, informarsi, perché i cambiamenti continuano, sono sotto gli occhi di tutti, non è che, una volta passata questa cosa di Grillo, poi tutto torna come prima. E se da tempo immemorabile il suggerimento, per evitare di cedere al peggio, è "resistere, resistere, resistere", meglio sarà - per tutti - informarsi, informarsi, informarsi.



venerdì 1 marzo 2013

Secondo me il Pd ha vinto

Non ho tessere di partito, quindi perdonatemi se in questo post posso sembrare sdraiato su alcune posizioni. Il punto è che credo che su alcune questioni del post-elezioni ci siano delle semplificazioni che non fanno bene né alla politica, né al giornalismo. Se c'è un'occasione in cui il PD andrebbe assolto, è proprio questa tornata elettorale. Dite di no? Siete tra quelli che, a quasi una settimana dallo tsunami a 5 stelle, si accodano al clima di "tutti a casa", della sequenza di errori macroscopici ecc ecc.?
In pillole, io penso invece che il PD, prima di cedere alla tentazione dell'ennesima calzata di cilicio e autofustigazione a sangue, dovrebbe tenere a mente questa lista delle cose fatte:

  • E' arrivato a questa consultazione con le primarie 
  • La base, con le primarie, ha scelto Bersani
  • Ha fatto le primarie per i candidati al Parlamento (unico partito, a meno di non considerare tali quelle del M5S e di Sel)
  • Ha un programma che contiene tutti i temi richiesti a gran voce dal M5S (e gran parte li ha da sempre), ad esclusione di quelli antieuropeisti
  • Ha ottenuto la maggioranza assoluta alla Camera
  • Ha ottenuto la maggioranza relativa al Senato

La sensazione di aver perso
L'onda grillina e quella berlusconiana hanno ridotto drasticamente le aspettative del risultato, perciò la sensazione, al netto delle cose fatte e dei risultati raggiunti (aldilà del tema dell'ingovernabilità), è che il Pd abbia perso.
Come mai ha perso per strada quasi il 10% del potenziale consenso?
Semplice, perché quella  fetta di consenso appartiene alla zona grigia degli indecisi, ma che - mai come in queste elezioni - è stata sensibile al richiamo dei proclami, degli slogan, del populismo e della demagogia. E' una fetta che fluttua, che non è parte integrante di alcun partito, né ha la radicalità dei grillini o dei pidiellini. Ha una propria coscienza che li trattiene dal dare in partenza il proprio consenso a quelli che la stampa internazionale ha definito i due clown, non cede in prima battuta, ma in questo caso lo ha fatto in seconda battuta, quando la demagogia ha dato fiato alle trombe.
Il Pd, e il centro sinistra in generale, ha quindi perso questa fascia di consenso. Ma è una fascia che si poteva conquistare solo con i trucchi di bottega, perché tutto ciò che il Pd poteva dire e fare era stato detto e fatto. Si poteva dire e fare meglio? Forse, ma io non ne sono sicuro, perché il dire e fare meglio avrebbero conciso con il "dire e fare ciò che la gente si aspetta", adattarsi cioè alle esigenze del mercato elettorale, allargando strumentalmente il ventaglio di promesse (per poi non realizzarle). Ma è questo il compito di un partito? Non è, piuttosto, il contrario? Proporre cioè al Paese una propria idea di sviluppo e attrarre consenso su questa idea?
Bisognerebbe quindi fare un passo indietro e circostanziare le cose, definire bene il contesto e dire, molto più onestamente, che il Pd non ha saputo convincere la fascia degli indecisi perché è rimasto fortissimamente Pd, senza cedere ad alcuna tentazione demagogica o populista, perché quello non è il Pd, è un'altra cosa, legittima, ma è un'altra cosa, fondata su promesse (Imu, uscire dall'euro, azzerare i contributi pubblici ecc) che evaporano un secondo dopo la chiusura delle urne. E se qualcuno dice che il Pd doveva essere fortissimamente anti-casta e avere nel suo programma provvedimenti di chiaro segno di rinnovamento, faccia una cosa: si legga il programma, ci sono tutte queste cose. Semplicemente:  c'è chi si sente di promettere l'impossibile, chi no. E a chi dice che il Pd deve comunicare meglio, torniamo al punto di partenza: comunicare cosa? Le cose che si possono mantenere o la fuffa? Credetemi: facilissimo comunicare la fuffa, difficilissimo risultare simpatici se si rimane realisti.

La questione Renzi e lo svecchiamento 
Con Renzi il Pd avrebbe vinto? Non lo dice più neanche Renzi, perché sa benissimo che il Pd renziano sarebbe stato un'altra cosa, che avrebbe richiamato certamente alcuni delusi della destra, ma avrebbe perso per strada (verso Ingroia, Grillo e astensionismo) tutti gli antirenziani, che - a conti fatti - rappresentano un potenziale del 60% del partito. Ecco perché Renzi stesso, che è un ottimo stratega, sa perfettamente che le cose non sarebbero andate diversamente. 

Bersani e Grillo avanti tutta (ma Grillo ha molte più chances)
Bersani, in questa fase, deve mantenere dritta la barra sull'essenza del Pd, rappresentare il partito delle istituzioni. Compito ingrato, come sempre perché l'assunzione di responsabilità in questo quadro aprirà nuove praterie al consenso grillino, che avrà buon gioco a denunciare "i soliti vecchi schemi".
Se io fossi Grillo, ma lui non ha bisogno di consigli, mi terrei fuori dalla mischia, farei il Grillo al 100%. D'altro canto, perché fermarsi adesso? Fermarsi a un passo dalla vetta? Se Grillo nega i voti e mette alla berlina gli accordi trasversali che tengono insieme il Parlamento, tutto crolla e in pochi mesi si torna a votare. E, a quel punto, il M5S si prende la torta intera. Dite che le tensioni interne al MoVimento lo dovrebbero far riflettere? Guardate la vicenda Favia o Tavolazzi. Entrambe sono servite a consolidare il consenso e aumentare i voti, altrochè.