martedì 12 dicembre 2017

Micaela e il veleno dei ricordi

La bambina sul letto d'ospedale sulla sinistra è Micaela Coletti a 12 anni, che riceve la visita della principessa Titti di Savoia.
Quella sulla destra è sempre lei, oggi, a Longarone, dove vive da quando è nata.
La sua storia mi è tornata in mente qualche giorno fa dopo aver ascoltato "Veleno", lo straordinario  podcast di sette puntate su Repubblica.it che racconta la vicenda di 16 bambini della bassa modenese, sottratti per sempre 20 anni fa alle loro famiglie in seguito alle accuse mosse dagli stessi bambini ai loro genitori di essere dei pedofili satanisti e, per questi motivi, incarcerati per anni.
Un'inchiesta drammatica, basata su una serie di racconti dei bambini che, in seguito, si sono rivelati completamente falsi. Non c'erano mai stati riti satanici, sgozzamenti di animali, infanticidi e altri riti.
Alla base di tutto c'era quello che viene tecnicamente chiamato il "falso ricordo".
Così Pablo Trincia, autore dell'inchiesta, sintetizza:

"Gli psicologi studiano questo fenomeno da anni per stanare la grande "bestia nera" della nostra memoria: il falso ricordo. Un ricordo non è mai una fotografia precisa del passato, è più simile ad un disegno fatto da noi. Il ricordo infatti è plasmato dalla nostra visione del mondo, dalle nostre esperienze passate, dal momento che stiamo vivendo e dall'immaginazione, che può contaminarlo. A volte solo nei dettagli, ma altre in maniera talmente radicale da creare memorie di eventi che non abbiamo mai vissuto".

Nell'episodio 5 dell'inchiesta, uno dei bambini, oggi 30enne, si dice certo di non aver mai parlato all'epoca ai giudici di omicidi, abusi, pratiche sataniche ecc. E, di fronte al video di 20 anni fa che gli fanno rivedere e che lo ritrae mentre accusa i genitori, rimane sbigottito perché non ricordava affatto di aver detto niente del genere.
All'epoca ne era invece talmente sicuro al punto da inchiodare i genitori con accuse che li avrebbero portati in carcere. Ma era tutto inventato. Inventato, ma assolutamente necessario da inventare per sostenere la pressione degli interrogatori a cui lui e i suoi piccoli coetanei erano sottoposti da parte dei giudici e degli assistenti sociali. Oggi ha cancellato tutto, anche se in realtà non c'era niente da cancellare, perchè era tutto finto.

E qui arriva, per assonanza - anche se parliamo di cose completamente diverse - la vicenda di Micaela Coletti.
La notte del 9 ottobre 1963 l'onda del Vajont spazzò via anche la sua casa. Lei fu scaraventata a 400 metri di distanza. Venne trovata la mattina successiva completamente sepolta dal fango, tranne una mano che si muoveva e che spinse i soccorritori ad avere particolare cautela nell'estrarla e salvarle la vita.
Quando aprì gli occhi e vide il nulla intorno a sè - il paese polverizzato, i parenti scomparsi - si innescò immediatamente un meccanismo di difesa che la portò a pensare di essere dentro a un sogno: "Pensavo di sognare - mi ha raccontato qualche anno fa Micaela - Tutto ciò che vedevo intorno era talmente irreale che per forza stavo sognando".
Un meccanismo di difesa talmente potente da farle sostituire la realtà con un'altra narrazione completamente distorta, ma che in qualche modo aveva il potere di sedare l'ansia e il dolore.
Non era un "falso ricordo" come per i bambini di cui abbiamo parlato prima, ma il meccanismo è simile, anche se speculare: un finto presente. Un finto presente, distorto, per accomodare le cose.
Micaela aveva 12 anni quando ha iniziato a pensare di vivere dentro un sogno.
Riuscite a immaginare quanto può durare una situazione così?
Ve lo dico io: 6 anni.
Micaela ha pensato di vivere dentro un sogno per 6 anni.
Una vita sospesa.
A 18 anni, dopo essersi sposata, è rimasta incinta. Ma ha perso la bimba al quinto mese di gravidanza, esattamente in occasione del sesto anniversario dell'onda.
"Solo in quel momento esatto mi sono svegliata. E' stato come prendere improvvisamente coscienza in un attimo che tutto ciò che per anni scambiavo per un sogno era invece assolutamente reale".
E, da lì, una seconda vita. Tutta in salita, ma vera.