giovedì 17 gennaio 2013

"Uno vale uno? Solo se piace a Grillo". Parola del Partito Pirata


Il MoVimento 5 Stelle chiude le porte a qualunque alleanza, anche se il flirt con il Partito Pirata è storia nota. Daniele Monteleone, portavoce e membro del Consiglio Europeo del Partito Pirata, mette però le mani avanti e frena gli entusiasmi: “La nostra assemblea permanente ha votato un documento in cui si sottolineano alcune criticità. Come abbiamo precisato nel documento finale, non conosciamo realmente la situazione esistente all'interno del MoVimento 5 Stelle, sebbene siamo ESTREMAMENTE contrari al monopolio di simbolo e nome di Beppe Grillo”.

Perché? Secondo voi quali pericoli comporta il monopolio del simbolo e del nome? 
Il totalitarismo di Grillo! E’ inevitabile. Avendo lui la proprietà del brand, essendo lui il titolare, in qualche modo funge da garante, ma diventa anche l’anello debole, perché dall’idea di orizzontalità di “uno vale uno” ci ritroviamo nella condizione in cui “uno vale uno fin che piace a Grillo”.

Ma Grillo non è solo, c’è anche Casaleggio. Hanno dato vita alle “parlamentarie”, come le hanno definite loro stessi
Anche rispetto a questo, direi che la nostra assemblea si è espressa in maniera chiara. Il testo ufficiale recita infatti: “Se davvero le scelte di programma e di candidati vengono vagliate e autorizzate/respinte da un gruppo ristretto di persone il cui giudizio non può essere messo in "votazione", attraverso una piattaforma indipendente, da tutti gli appartenenti al movimento, allora non possiamo che ribadire la nostra distanza da questa visione e da questo errato concetto di democrazia, cosa che non ci impedisce di condividere molte battaglie che ci accomunano, come l'importanza del progresso tecnologico e scientifico per il miglioramento delle condizioni materiali e sociali dei popoli, i cittadini al centro della società e della politica, la trasparenza delle istituzioni”.

Daniele Monteleone
Se quello di Grillo è un concetto errato di democrazia, qual è secondo voi quello giusto? C’entra per caso Liquid Feedback?
Si, con Liquid Feedback si può dare voce a tutti i cittadini che oggi non sono ascoltati dalla politica e dalle istituzioni. Se si dovessero ascoltare tutti, 60 milioni di abitanti, ci vorrebbero come minimo 60 milioni di minuti, anni. Manca la sintesi. La sintesi che oggi abbiamo è quella della democrazia rappresentativa, ovvero nominare rappresentanti che si fanno carico di questa sintesi. Ma oggi ci sono nuovi strumenti automatici, algoritmi sofisticati come il “metodo Schulze”, che è integrato all'interno di Liquid Feedback e che lavorano per fare in maniera imparziale - e molto più diligente dei nostri rappresentanti - il lavoro di sintesi.

60 milioni di persone “ascoltate” da un software. Ci credete davvero?
Il futuro della politica è quello che noi stiamo percorrendo. Come tutte le novità, è in evoluzione.

Grillo dice che tutto passa attraverso la rete, non gli imputerete mica di non usare il web?
La questione va vista da un altro punto di vista. Vorrei ricordare a tutti che quando Grillo presentò il M5S, tra i testimonial dell’evento c’era il fondatore del Partito Pirata, che proprio in quella occasione parlò per la prima volta di Liquid Feedback come strumento di democrazia partecipativa.

Ce lo ricordiamo. 
Allora vale la pena ricordare anche che quella famosa riunione di Rimini, in seguito alla quale furono espulsi Valentino Tavolazzi e poi altri consiglieri, c’era la presentazione di Liquid Feedback.

E cosa c’entra Liquid Feedback con la loro espulsione?
C’entra, perché in quel caso c’era la presa di coscienza che esisteva un gruppo di grillini che sapevano di questo strumento e che quindi avrebbero potuto realmente importare la democrazia diretta e partecipativa nel MoVimento.  Liquid Feedback porta la democrazia ovunque vada, è uno strumento potente per organizzare qualsiasi tipo di struttura orizzontale, associazioni, partiti, etc, ecco perché abbiamo deciso di aiutare chiunque ad utilizzarlo. All’epoca il M5S prometteva di essere un partito basato su logiche di partecipazione dal basso, ma quello di Rimini fu un segnale chiaro. Con l’andare del tempo abbiamo realizzato che non è più stato così “aperto”, ma abbiamo comunque valutato che - nonostante  l’approccio di Grillo non possa essere considerato realmente partecipativo nel senso in cui lo intendono i pirati - è comunque sempre meglio di Berlusconi e degli altri partiti.

Quindi Grillo è bocciato?
Rimandato. Noi del Partito Pirata siamo stati presentati da Grillo come ispiratori del M5S. Da questo punto di vista abbiano portato innovazioni che poi lui non ha preso davvero in considerazione, ma rendiamo merito al fatto che comunque il M5S è un passo avanti verso la nostra stessa direzione, quella del Partito Pirata inteso come generazione di giovani informatici che si rendono conto che la rete può diventare la nuova polis. Abbiamo delle riserve, però sottolineiamo che va premiato il fatto che il M5S è un passo avanti rispetto all’idea della consultazione con la base.

C’è il video in cui Grillo dice che l’antifascismo  “è un problema che non mi compete. Se un ragazzo di Casa Pound volesse entrare nel M5S, che ha i requisiti per entrarci, ci entra”. Tutto liscio come l’olio?
Il M5S non ha tratti fascisti. Quello con il rappresentante di Casa Pound mi è sembrato proprio uno scambio di idee, totalmente legittimo, non ho visto messaggi di adesione. E’ stata una speculazione mediatica quella di attribuire a Grillo un’apertura a Casa Pound. Guardando il video ci si rende conto che stanno scambiandosi delle idee su alcuni punti del programma.

Siete proprio sicuri? Non si rischia di liquidare la questione con troppa leggerezza?
No, il fascismo che conoscevamo ormai non c’è più e dubito che potrà esserci di nuovo. Piuttosto, è più facile che ci si ritrovi sotto una dittatura finanziaria.

A febbraio si vota, facciamo un po’ di chiarezza. Innanzitutto, qual è il vostro simbolo, visto che anche voi avete avuto la competizione di qualche lista civetta…
Il nostro simbolo è quello con la vela, con colore arancione, così come tutti i veri partiti pirata.

Lei è candidato?
Sarò tra i candidati alla Camera. Però sappiamo bene che non si permetterà ai piccoli partiti, come i nostri, di andare da nessuna parte.

Cioè?
I partiti come la Lega o il Pdl non hanno nessun bisogno di fare tutta la trafila burocratica, che ha un costo enorme, né loro né i loro amici. La fatica vera è per chi deve partire da zero come noi, raccogliere le firme e consegnarle.  Un movimento piccolo come il nostro deve sopportare enormi costi per la raccolta firme e l’autentica delle firme stesse. E poi ci sono anche parcelle costose da pagare. L’obiettivo è ancora più complesso se più movimenti cercando i unire le forze, perché il quorum si alza dal 4 al 10%.

domenica 6 gennaio 2013

Emilia rossa, cuore nero: e se il peggior grillismo fosse il nuovo fascismo?

Qualcosa dev’essere successo se, alla fine della visione di un documentario che parla degli estremismi di destra e di sinistra in Emilia-Romagna, mi rimane in testa un pensiero: non sarà che il vero pericolo in Italia è il grillismo? Non intendo quello sano e pieno d'aria democratica, ma quello rancoroso e settario. 
Strano, no? Addirittura stranissimo, se si pensa che - nel documentario in questione - né Grillo, né il MoVimento 5 Stelle sono mai citati. 
Eppure, dopo aver trascorso un paio d’ore a casa di Gabriele Veronesi, che mi ha chiamato per vedere in anteprima a casa sua una versione quasi definitiva di Emilia rossa, cuore nero, la mia sensazione è proprio questa.

Provo a spiegarmi.

Il documentario, come già ampiamente annunciato sul web, tratta il tema della presenza delle due opposte fazioni – estremismi di destra e estremismi di sinistra – che si contrappongono sul territorio emiliano. Lo stesso Veronesi, nel sito dedicato al progetto, spiega:  “Da una parte i “neri” in cerca di spazi e libertà che ritengono legittimi, dall'altra parte i “rossi” che ricordano le sofferenze della guerra e difendono i valori dell'antifascismo. “Emilia rossa, cuore nero” è un viaggio attraverso la regione rossa per eccellenza, cercando di raccontare con sguardo imparziale e lontano dai crismi dell'inchiesta, il difficile rapporto tra le due fazioni”.
Veronesi, che aveva dato prova del talento di documentarista in “Modena al cubo”, qui conferma il profilo di chi si approccia in maniera seria e analitica alle questioni, circoscrivendo l’oggetto a quanto annunciato nel titolo – e cioè alla situazione in Emilia-Romagna – senza avventurarsi in proiezioni su scala nazionale o verso ipotesi di scenari globali.

I cinquanta minuti del documentario (che sarà proiettato pubblicamente a partire da febbraio) scorrono rapidi e fotografano la presenza degli opposti estremi in regione, dai nostalgici di Predappio, che si ritrovano sulla tomba di Mussolini, ai fedelissimi di Lenin che rimpiangono il compianto Vladimir Il'ič Ul'janov all’ombra del busto che troneggia nella piazza di Cavriago. Fari puntati anche sulla presenza di Casa Pound o Forza Nuova in diversi comuni, oltre che sui movimenti antifascisti e anarchici organizzati sul territorio. Una mappatura dei fenomeni, insomma, con una rapida incursione anche nei fatti di cronaca, su tutti gli scontri di ottobre 2011 a Modena tra Polizia e attivisti dei centri sociali,  che si erano radunati di fronte all’Hotel Europa per protestare contro un’iniziativa della Fiamma Tricolore.

L’impressione, ascoltando nel documentario le ragioni degli estremismi opposti, è che i fenomeni indicati da Veronesi siano parte di realtà numericamente limitate, residuali e, per certi versi, autoconclusive, nel senso che i nostalgici delle opposte sponde si garantiscono reciproco motivo di esistenza, ma - al contempo - si annullano vicendevolmente, in una continua “guerriglia” che tiene entrambi ai margini dei centri decisionali o dai luoghi in cui il consenso può prendere forma in maniera strutturata. Per dirla in altro modo, è come assistere a una guerra virtuale, fine a sé stessa, come se questi estremismi - che in alcuni casi hanno tratti anche macchiettistici - fossero solo la schiuma delle onde nel mare della “vera” contrapposizione destra-sinistra, che nei decenni si è ripulita dagli elementi impresentabili e si è istituzionalizzata, trasferendo il confronto in sedi più civili e, quasi sempre, frutto di delega del voto popolare.

Ma se questi estremismi sul territorio sono così residuali, non lo sono certamente le idee sottese, al contrario, basti guardare all’avanzata delle destre xenofobe nell’Europa dell’Est, per limitarci a un esempio notissimo. 
E allora, come si fa a riconoscere i segnali di questi movimenti pericolosi? Come si può scongiurare l'avvento di nuovi totalitarismi?

Uno dei meriti di Veronesi, proprio a tale riguardo, è di offrirci a questo punto lo sguardo lucido e disincantato di Aude Pacchioni,  partigiana e Presidente provinciale di Modena dell’ANPI, che in un breve, ma straordinario intervento, spiega quali siano gli elementi che non vanno mai sottovalutati per respingere alla base qualunque tentativo del fascismo di riprendere quota. 
Eccolo, integrale:
"Bisogna mettere in guardia le nuove generazioni da queste dottrine pseudo decisioniste. Non c'è bisogno di un partito che si rifà ai principi fascisti perché le linee fasciste passino. Ci sono degli atteggiamenti, delle posizioni sui problemi anche d'attualità, che partono da un principio: <<Non servono i partiti, la politica è tutta roba sporca, non bisogna fare tutta la discussione inutile nei parlamenti eccetera... Basta che ci sia uno che decide>>. Eh no! E' faticosa la democrazia, non è una cosa semplice, perché chiede anche ai cittadini una loro corresponsabilità".
Ma voi – nelle parole di Aude Pacchioni – non leggete i tratti del peggior grillismo? Io, si.