domenica 20 marzo 2011

Scalfari e i motori che "trombano"

Quello della retorica bellica è uno dei calamai da cui tutte le migliori penne del giornalismo italiano attingono con avidità in tempi di guerra. Tutti, senza distinzioni, perché è un linguaggio gonfio ed ampolloso che dà soddisfazione (professionale), anche a chi - la guerra - la condanna senza i famosi "se" e "ma". Ora che bombardiamo la Libia, vuoi mettere discernere dei dettagli balistici del lancio dei Tomahawk al posto dell'insipida politica interna? O della gittata dei Cruise e della potenza dei Mig invece che del primo ponte vacanziero che ha bloccato il valico di Ventimiglia? Gronda sudore Hollywoodiano anche il sobrio "Odissea all'alba", nome in codice che il Pentagono ha scelto per l'operazione in corso sul Nord Africa.
Persino il vate Scalfari, dal pulpito domenicale dell'editoriale su "la Repubblica", non sfugge alla tentazione e sfodera già dal titolo un marinettiano "Rombano i motori dell'armata d'occidente". Oddio, anche nel testo non si scherza, in particolare quando scolpisce, carattere-dopo-carattere, che "si possono, anzi si debbono bombardare gli aeroporti, abbattere i caccia se si alzeranno o distruggerli a terra, smantellare gli impianti di comunicazione, colpire le truppe se non si ritireranno dalle caserme".
Questa cosa dei motori rombanti mi ha molto incuriosito e sono andato a cercare su Internet, non senza sorprese, digitando "Rombano i motori". Google mi ha paracadutato sulla pagina di un inno della Rsi, la Repubblica Sociale Italiana, che si intitola proprio "Rombano i motori".
Facebook, invece, notoriamente più sbarazzino e impudente, evidentemente guidato da un algoritmo di sinistra, mi ha risposto: volevi dire: trombano i motori. Ha ragione Facebook, fate l'amore, non fate la guerra.

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