lunedì 22 aprile 2013

Lettera aperta a chi guiderà il nuovo PD


Caro futuro segretario del PD, oggi un'amica, appassionata di politica sin dagli anni '70-'80, tenace sostenitrice del Pci e di tutto ciò che ne è stato nei decenni successivi, mi ha detto che non andrà più a votare.
"Lo faccio per responsabilità", mi ha spiegato.
Per responsabilità. Punto.
Brandita dai politici come motivo sommo a giustificazione di tutto quel che è successo in questi giorni, l'idea di responsabilità qui viene rivoltata come un calzino: "Non voterò mai più, perché io non voglio essere corresponsabile".
E' il classico episodio-spia, quell'elemento che ti avvisa che sotto, neanche così tanto in profondità, anche lo zoccolo duro dello storico consenso strutturato di tanta parte del centrosinistra si va lentamente sfaldando, in favore di un legittimo disimpegno e, corollario inevitabile, di un rancoroso disinteresse e di una chiusura nell'ultraprivato. Insomma, la lunga scia della famosa atomizzazione sociale.
Ed è una spia di cui a sinistra dovrebbero tenere conto con allarme, perché significa che si sta disfacendo l'area del consenso identitario, quella più profonda e simbiotica, quella in cui il voto viene (veniva) assegnato per osmosi, tanto forte è (era) la sensazione dell'appartenenza allo stesso organismo.
Quella simbiosi che, da sola, rendeva quasi superflua la necessità di ribadire il contorno dei sogni e degli obiettivi a chi riempiva le piazze durante i comizi. Era un voto automatico, identitario sul serio, segno di una delega in bianco basata sulla fiducia di appartenenza allo stesso universo di valori, di obiettivi, di aspirazioni.

A sinistra, caro futuro segretario del PD, serve poco irridere D'Alema e la sua micidiale definizione di "amalgama malriuscita" quando si trattò di sintetizzare il proprio pensiero sul neonato PD. Ma se proprio D'Alema fa venire l'orticaria, apra un giornale qualunque in qualunque giorno.

Ad esempio oggi, su Repubblica, Stefano Rodotà si riferisce al PD come a un "soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere un'identità peraltro mai conquistata". Il tetragono Macaluso, che di capacità analitica certo non difetta, sintetizza amaramente che "il Pd non è mai stato un partito. Un partito si chiama così perché raccoglie una parte che ha una certa visione della società. Questa visione nel Pd chi l'ha vista?".

Appunto, chi l'ha vista? Questa è la domanda delle domande.

Caro futuro segretario del PD, lei dovrà volare alto, altissimo. Dovrà tirarsi fuori dall'insidiosissimo pantano degli equilibri tribali del PD,  ripulirsi dalle scorie del dialogo-tutto-interno-al-partito e volare alto, altissimo, restituendo ai cittadini il dono prezioso di un'idea di Paese.
Torni nei luoghi della quotidianità, perché è lì che i cittadini vivono. E' lì che si colgono gli elementi che contribuiscono a definire l'idea di Paese a cui si ambisce.

Un
Idea
Di
Paese


1 commento:

  1. Voglio essere più ottimista di te. Dentro il PD non è che non ci siano idee di Paese a cui ambire. Anzi, è vero proprio il contrario: ce ne sono anche troppe. C'è l'idea di Civati, quella di Renzi, quella di D'Alema, quella di Bindi, quella di Barca e chissà quante altre

    Purtroppo, il massimo comun divisore (ehi, Massimo Comun Divisore... sembra il giusto nomignolo per D'Alema) tra queste concezioni è 1. Cioè queste queste idee non hanno elementi comuni. Sono "prime fra loro".

    E allora, che ci stanno a fare tutti nello stesso partito?

    Mah... io ho l'impressione che ci restino perché hanno raccontato per anni che il bipolarismo era il futuro del paese; che il maggioritario era l'unica via d'uscita. Adesso è dura dover ammettere che era un idea del menga. Sarebbe come dire "abbiamo sbagliato" e costa sempre molta fatica.

    Perciò tutti questi signori che potrebbero benissimo fare del PD 3 o 4 partiti diversi, si ostinano a rimanere uniti, contro ogni evidenza.

    Ragazzi, sveglia! Anche volendo rimanere "maggioritari" o "bipolari" potete fare delle belle coalizioni in vista degli impegni elettorali. In fondo con delle coalizioni (con Prodi) avete vinto un paio di volte. Correndo da soli è andata peggio.

    Che senso ha che continuiate a farvi del male? Perché volete fare i separati in casa?

    Dai, un po' di coraggio e ognuno per la sua strada. Ma fate presto, prima che i rapporti tra di voi si logorino talmente tanto da diventare insanabili.

    Lo sapete bene che quando le cose vanno male, quando i rapporti si logorano, quando cominciano a volare i piatti, quelli che ci rimettono sono i figli.

    Separatevi. Fatelo almeno per loro!

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